Sulle pagine del Trentino una mamma racconta l’esperienza della figlia colpita dalla sindrome di Rett, patologia neurologica, generata da un difetto del cromosoma X
TRENTO. In Trentino sono una quindicina i casi accertati di bambine affette da Sindrome di Rett, "ma - racconta Cristina Tait, una delle responsabili dell'Associazione italiana Rett - potrebbero essere molte di più, senza nemmeno saperlo".
La Sindrome di Rett è una patologia neurologica congenita, che colpisce solo le bambine, in quanto generata da un difetto del cromosoma X. Nei primi due anni di età, di fatto la malattia non si manifesta e permette un normale sviluppo del soggetto. All'improvviso, però, la bambina si distacca dalla realtà circostante e in brevissimo tempo, poche settimane, arresta lo sviluppo e precipita in una regressione che la porta alla perdita delle capacità acquisite. La malattia a questo punto rallenta lo sviluppo del cranio, compaiono i primi movimenti stereotipati delle mani (la bambina le sfrega e le strizza) e in pochissimi giorni si registra anche la perdita delle capacità psicomotorie. Quella che era una bambina normale, in un batter d'occhi si ritrova affetta da handicap gravissimi, che ne accompagneranno tutta l'esistenza: crisi epilettiche, aumento della rigidità muscolare, difficoltà respiratorie, assenza di parola e in molti casi incapacità a camminare. E, di conseguenza, anche le famiglie piombano in una realtà completamente diversa, che in pochi giorni passa da una quotidianità normale e serena a una situazione di emergenza e complicatissima da affrontare, specie all'inizio.
"E' stato un processo lungo e difficile quello per identificare in mia figlia Giulia la sindrome, che colpisce 1 bambina su 10.000 - spiega Cristina Tait - e ancor più complicato è stato, a quel punto, ottenere informazioni e cure specifiche, perché la patologia è stata scoperta nel 2000 e quindi è ancora poco conosciuta".
Cristina, lei e suo marito come avete scoperto che Giulia era affetta da questo disturbo neurologico?
"Non è stato facile. Lei è nata da un parto gemellare, insieme al fratello, ed entrambi sembravano forti e in salute. Hanno seguito lo stesso percorso evolutivo e, anzi, Giulia dei due sembrava la più vispa e attiva. Intorno ai 15-16 mesi, però, ho notato che aveva cominciato a sfuggire lo sguardo, a non sorridere più. Aveva smesso di fissare attentamente il mondo esterno e mi sembrava si stesse chiudendo in se stessa".
Sono questi i segnali della sindrome?
"Questi sono stati i primi sintomi che mi hanno spinta ad andare dal medico di base, che non ha diagnosticato nulla. Poi ci siamo rivolti a degli neuropsichiatri infantili. I veri segnali che, l'ho imparato adesso, evidenziano la Sindrome di Rett sono la comparsa di movimenti stereotipati delle mani. Ma Giulia non li aveva. Quindi ci avevano diagnosticato vari tipi di ritardo mentale e sindromi".
E come siete arrivati alla diagnosi della Rett?
"Con le analisi del sangue. Ce l'hanno comunicato di persona. Ma anche in quel momento non c'era certezza: la genetista ci ha detto che Giulia era affetta da quella malattia, ma lei stessa non l'aveva mai riscontrata prima e quindi non sapeva cosa consigliarci".
A chi vi siete rivolti?
"Dapprima a internet. Ho guardato cosa comportava e cosa ci aspettava, e mi è caduto il mondo addosso. Mi sembrava impossibile. Giulia era stata una bimba normale e serena, come poteva subire una regressione di quel tipo? E invece è avvenuta. Verso i 2 anni, c'è stato il blocco totale di tutte le sue capacità di apprendimento".
Ve ne rendevate conto anche perché con un fratello gemello il confronto evolutivo era più evidente?
"Certo. Avevano cominciato a gattonare insieme e in 15 giorni Giulia ha smesso sia di muoversi che di afferrare le cose e sono cominciate le crisi epilettiche".
Che tipo di assistenza avete trovato in provincia?
"Nessuna. La sindrome le è stata diagnosticata nel 2006 e a Trento non c'era alcuna struttura in grado nemmeno di informarci. Da marzo 2009, a Villa Igea, è nato il reparto malattie rare, che facilita il riconoscimento anche di situazioni come la nostra e permette una prima forma di assistenza anche sul piano dell'accesso ai benefici di legge".
Allora come vi siete mossi?
"Ho contattato l'associazione Airett, del cui direttivo ora faccio parte, e siamo andati al Policlinico Le Scotte di Siena, il centro italiano più preparato per affrontare la Sindrome di Rett".
Dal compimento dei 2 anni della bimba, tutto è cambiato anche per voi?
"Sì. Giulia non parla, non cammina, ha bisogno di supporto al 100%, è colpita da convulsioni e non è in grado di masticare. Ma è viva e con il tempo sta imparando a comunicare. Lo fa con gli occhi, che sono vispi e attenti e ci indicano quello che vuole e quello che prova. E' per questo che la Sindrome di Rett è detta anche "delle bimbe dagli occhi belli". Conservano la luce della vita nello sguardo".
Com'è la vostra quotidianità?
"Tutto ruota intorno a lei. Ha bisogno di assistenza continua. Due volte a settimana le facciamo fare fisioterapia al centro piccoli Anffas del "Paese di Oz" e durante il giorno va alla scuola materna con due maestri di sostegno. Per il resto, io la porto sempre con me, a Lavis, dove abitiamo. E' conosciuta ed accolta dalla comunità".
A livello amministrativo-legislativo vi sentite aiutati?
"Per i disabili completi c'è la legge 104 che permette qualche incentivo e qualche facilitazione, ma tutti i giorni ci si scontra con la burocrazia. Per esempio, nel 2006 i medici avevano dichiarato Giulia totalmente invalida fino a 18 anni. Ma mi è stata data la carta handicap per il parcheggio a scadenza temporanea, così dopo 4 anni abbiamo dovuto rifare tutta la trafila, con fatica e umiliazione".
Tornasse indietro, se la sentirebbe di riaffrontare questa situazione?
"Ho pensato tante volte a cosa avrei fatto se l'avessi saputo prima di partorire, se avrei abortito o no. Ora, però, sono sicura che andare avanti è la scelta giusta. Giulia sorride e parla con gli occhi e questo basta a riempirci il cuore e le giornate".
Che prospettive ci sono dal punto di vista medico per combattere la Sindrome di Rett?
"Le prospettive esistono. Recentemente gli scienziati sono riusciti a modificare il gene difettoso che provoca la sindrome nei topi e hanno scoperto che è reversibile. Con opportuni finanziamenti, la ricerca riuscirà a battere questa malattia cinica e spietata e a dare un futuro più felice e "normale" a tante bambine dagli occhi belli".
(Il Trentino)
19 settembre 2011
FONTE: superabile.it
http://www.superabile.it/web/it/REGIONI/Trentino_Alto_Adige/Sulla_stampa/info2105182799.html
Dopo la storia di Claudia Bottigelli, ecco ora quella di Giulia, anch'essa colpita dalla rara e invalidante Sindrome di Rett.
L'augurio di tutti, per Giulia, per Claudia, come per tutte le altre persone colpite da questa tremenda malattia genetica, è quella che si possa trovare presto una cura specifica ed efficace. Dei passi importanti verso la comprensione di questa malattia ne sono stati fatti ultimamente, ma ancora tanta strada c'è da fare per poter arrivare a questa tanto agognata cura. L'importante è andare avanti con la ricerca e non fermarsi mai.
Marco
La Sindrome di Rett è una patologia neurologica congenita, che colpisce solo le bambine, in quanto generata da un difetto del cromosoma X. Nei primi due anni di età, di fatto la malattia non si manifesta e permette un normale sviluppo del soggetto. All'improvviso, però, la bambina si distacca dalla realtà circostante e in brevissimo tempo, poche settimane, arresta lo sviluppo e precipita in una regressione che la porta alla perdita delle capacità acquisite. La malattia a questo punto rallenta lo sviluppo del cranio, compaiono i primi movimenti stereotipati delle mani (la bambina le sfrega e le strizza) e in pochissimi giorni si registra anche la perdita delle capacità psicomotorie. Quella che era una bambina normale, in un batter d'occhi si ritrova affetta da handicap gravissimi, che ne accompagneranno tutta l'esistenza: crisi epilettiche, aumento della rigidità muscolare, difficoltà respiratorie, assenza di parola e in molti casi incapacità a camminare. E, di conseguenza, anche le famiglie piombano in una realtà completamente diversa, che in pochi giorni passa da una quotidianità normale e serena a una situazione di emergenza e complicatissima da affrontare, specie all'inizio.
"E' stato un processo lungo e difficile quello per identificare in mia figlia Giulia la sindrome, che colpisce 1 bambina su 10.000 - spiega Cristina Tait - e ancor più complicato è stato, a quel punto, ottenere informazioni e cure specifiche, perché la patologia è stata scoperta nel 2000 e quindi è ancora poco conosciuta".
Cristina, lei e suo marito come avete scoperto che Giulia era affetta da questo disturbo neurologico?
"Non è stato facile. Lei è nata da un parto gemellare, insieme al fratello, ed entrambi sembravano forti e in salute. Hanno seguito lo stesso percorso evolutivo e, anzi, Giulia dei due sembrava la più vispa e attiva. Intorno ai 15-16 mesi, però, ho notato che aveva cominciato a sfuggire lo sguardo, a non sorridere più. Aveva smesso di fissare attentamente il mondo esterno e mi sembrava si stesse chiudendo in se stessa".
Sono questi i segnali della sindrome?
"Questi sono stati i primi sintomi che mi hanno spinta ad andare dal medico di base, che non ha diagnosticato nulla. Poi ci siamo rivolti a degli neuropsichiatri infantili. I veri segnali che, l'ho imparato adesso, evidenziano la Sindrome di Rett sono la comparsa di movimenti stereotipati delle mani. Ma Giulia non li aveva. Quindi ci avevano diagnosticato vari tipi di ritardo mentale e sindromi".
E come siete arrivati alla diagnosi della Rett?
"Con le analisi del sangue. Ce l'hanno comunicato di persona. Ma anche in quel momento non c'era certezza: la genetista ci ha detto che Giulia era affetta da quella malattia, ma lei stessa non l'aveva mai riscontrata prima e quindi non sapeva cosa consigliarci".
A chi vi siete rivolti?
"Dapprima a internet. Ho guardato cosa comportava e cosa ci aspettava, e mi è caduto il mondo addosso. Mi sembrava impossibile. Giulia era stata una bimba normale e serena, come poteva subire una regressione di quel tipo? E invece è avvenuta. Verso i 2 anni, c'è stato il blocco totale di tutte le sue capacità di apprendimento".
Ve ne rendevate conto anche perché con un fratello gemello il confronto evolutivo era più evidente?
"Certo. Avevano cominciato a gattonare insieme e in 15 giorni Giulia ha smesso sia di muoversi che di afferrare le cose e sono cominciate le crisi epilettiche".
Che tipo di assistenza avete trovato in provincia?
"Nessuna. La sindrome le è stata diagnosticata nel 2006 e a Trento non c'era alcuna struttura in grado nemmeno di informarci. Da marzo 2009, a Villa Igea, è nato il reparto malattie rare, che facilita il riconoscimento anche di situazioni come la nostra e permette una prima forma di assistenza anche sul piano dell'accesso ai benefici di legge".
Allora come vi siete mossi?
"Ho contattato l'associazione Airett, del cui direttivo ora faccio parte, e siamo andati al Policlinico Le Scotte di Siena, il centro italiano più preparato per affrontare la Sindrome di Rett".
Dal compimento dei 2 anni della bimba, tutto è cambiato anche per voi?
"Sì. Giulia non parla, non cammina, ha bisogno di supporto al 100%, è colpita da convulsioni e non è in grado di masticare. Ma è viva e con il tempo sta imparando a comunicare. Lo fa con gli occhi, che sono vispi e attenti e ci indicano quello che vuole e quello che prova. E' per questo che la Sindrome di Rett è detta anche "delle bimbe dagli occhi belli". Conservano la luce della vita nello sguardo".
Com'è la vostra quotidianità?
"Tutto ruota intorno a lei. Ha bisogno di assistenza continua. Due volte a settimana le facciamo fare fisioterapia al centro piccoli Anffas del "Paese di Oz" e durante il giorno va alla scuola materna con due maestri di sostegno. Per il resto, io la porto sempre con me, a Lavis, dove abitiamo. E' conosciuta ed accolta dalla comunità".
A livello amministrativo-legislativo vi sentite aiutati?
"Per i disabili completi c'è la legge 104 che permette qualche incentivo e qualche facilitazione, ma tutti i giorni ci si scontra con la burocrazia. Per esempio, nel 2006 i medici avevano dichiarato Giulia totalmente invalida fino a 18 anni. Ma mi è stata data la carta handicap per il parcheggio a scadenza temporanea, così dopo 4 anni abbiamo dovuto rifare tutta la trafila, con fatica e umiliazione".
Tornasse indietro, se la sentirebbe di riaffrontare questa situazione?
"Ho pensato tante volte a cosa avrei fatto se l'avessi saputo prima di partorire, se avrei abortito o no. Ora, però, sono sicura che andare avanti è la scelta giusta. Giulia sorride e parla con gli occhi e questo basta a riempirci il cuore e le giornate".
Che prospettive ci sono dal punto di vista medico per combattere la Sindrome di Rett?
"Le prospettive esistono. Recentemente gli scienziati sono riusciti a modificare il gene difettoso che provoca la sindrome nei topi e hanno scoperto che è reversibile. Con opportuni finanziamenti, la ricerca riuscirà a battere questa malattia cinica e spietata e a dare un futuro più felice e "normale" a tante bambine dagli occhi belli".
(Il Trentino)
19 settembre 2011
FONTE: superabile.it
http://www.superabile.it/web/it/REGIONI/Trentino_Alto_Adige/Sulla_stampa/info2105182799.html
Dopo la storia di Claudia Bottigelli, ecco ora quella di Giulia, anch'essa colpita dalla rara e invalidante Sindrome di Rett.
L'augurio di tutti, per Giulia, per Claudia, come per tutte le altre persone colpite da questa tremenda malattia genetica, è quella che si possa trovare presto una cura specifica ed efficace. Dei passi importanti verso la comprensione di questa malattia ne sono stati fatti ultimamente, ma ancora tanta strada c'è da fare per poter arrivare a questa tanto agognata cura. L'importante è andare avanti con la ricerca e non fermarsi mai.
Marco
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