mercoledì 13 novembre 2019

«Noi, malati di Wi-fi»


Si chiamano elettrosensibili e non possono (o riescono) a vivere in presenza di campi elettromagnetici. Come Caterina, che un giorno vide il suo corpo gonfiarsi. E da allora vive giorno e notte in cucina

Immaginate di vivere in due metri quadrati, 24 ore su 24, sette giorni su sette. In pratica per tutta la vita. È la vita di Caterina, costretta a non muoversi dalle mura di una cucina per colpa di una malattia poco nota quanto tremenda. Si chiama elettrosensibilità (che nei casi peggiori diventa ipersensibilità), un problema che causa l’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici crea numerosi fastidi, come emicrania, vertigine, disturbo del sonno, vuoti di memoria, sbalzi di pressioni, dermatiti, formicolii cutanei, stanchezza cronica e calo della vista.

Per completezza, c'è da dire che i pareri in merito sono contrastanti, e per molti studi scientifici i sintomi non sono direttamente legati ai campi elettromagnetici, ma al cosiddetto effetto nocebo: se una persona affetta da elettrosensibilità pensa di essere esposta, comincia a manifestare i sintomi. Il disagio, in ogni caso, è assolutamente reale.

«ALL'IMPROVVISO VIDI IL MIO CORPO GONFIARSI»
A quattro esami dalla laurea in medicina e con tanti sogni da realizzare in ambito lavorativo e famigliare, la vita di Caterina (nome di fantasia) è cambiata radicalmente con l’acquisto di un telefono con tecnologia LTE: «Una volta comprato il nuovo telefono iniziai ad avvertire forti mal di testa, sbandamenti, svenimenti e cadute. Un giorno, poi, in uno studio di avvocati mi sono seduta per caso vicino a un router e all’improvviso il mio corpo iniziò a gonfiarsi».

L'ELETTROSENSIBILITA'
Così Caterina ha scoperto il suo problema, che secondo gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riguarda il 3% della popolazione globale, "colpevole" come la ragazza di non tollerare le onde provenienti da cordless, smartphone e reti Wi-Fi. Queste ultime, più dei cellulari - che gli elettrosensibili ovviamente non possono usare - sono il fulcro del problema, poiché pur se banditi nelle proprie case, sono presenti e attivi in quelle dei vicini finendo così per colpire gli intolleranti alle onde.

«PER FAVORE, SPEGNETE IL WI-FI DI NOTTE»
«Di fronte alle mie richieste di spegnere le stazioni Wi-Fi almeno durante la notte, sono stata derisa e vittima di atti di bullismo dagli abitanti del condominio dei miei genitori, dove sono dovuta tornare dopo aver lasciato il mio appartamento, inadatto per le mie necessità. E vivo nell’incubo che qualcuno arrivi ad abitare al piano di sotto, che con la presenza di una rete Wi-Fi aggraverebbe di molto la mia situazione».

LA VITA PASSATA IN CUCINA
Caterina passa ogni giornata all’interno della cucina, che ha schermato con oggetti metallici. E la notte dorme su una sedia a sdraio: «Dopo due anni, però, sono arrivate le fratture su tre costole e nonostante i dolori non posso andare in ospedale, perché la presenza di forti segnali sarebbe ancor più dolorosa da sopportare».

IL PENSIERO DI FARLA FINITA
Caterina ci ha pensato. Ha pensato più volte di farla finita, emulando così la 15enne Jenny Fry, adolescente inglese suicidatasi perché stanca di convivere con i dolori provocati dall’impianto Wi-Fi della sua scuola: «Io non posso pensare al mio futuro, non devo pensare al mio domani ma solo aspettare il giorno in cui l’elettro-sensibilità verrà riconosciuta come malattia invalidante anche in Italia».

LE MISURE NEGLI ALTRI PAESI
Questa è la battaglia che conduce l’Associazione Italiana Elettrosensibili, da oltre dieci anni attiva per convincere il governo italiano a seguire l’esempio della Svezia, dove i 2,5 milioni di elettrosensibili ricevono un contributo economico dai comuni e i datori di lavoro sono obbligati a trovare una condizione sostenibile per i dipendenti. È un caso quasi unico nel panorama europeo: l'elettrosensibilità infatti non è riconosciuta come una malattia né dall’Oms né dalla comunità scientifica perché i sintomi, nonostante siano stati riconosciuti come invalidanti, sono vissuti in prima persona e difficili da verificare.

ALMENO 600 MILA ELETTROSENSIBILI IN ITALIA

Gli elettrosensibili e in misura maggiore gli ipersensibili tendono a una vita solitaria; c’è chi vive nei boschi, chi nelle caverne, chi si trasferisce in piccoli centri montani oppure chi si rifugia in macchina per passare la notte. Le condizioni di vita minano anche la tenuta psicologica, con numeri allarmanti per l’Italia, dove la stima si aggira tra 1% e il 3% della popolazione (tra i 600 mila e gli 1,8 milioni di individui).

UNA CITTA' SENZA ONDE ELETTROMAGNETICHE
«Noi viviamo il problema come una fuga dalla città, per questo lottiamo per avere un riconoscimento che ci consenta di vivere in una condizione decorosa», spiega Paolo Orio, vice presidente dell’A.i.e. che sottolinea come anche l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa abbia messo in guardia gli stati membri nel «dover prestare attenzione a chi soffre di intolleranza ai campi elettromagnetici e di introdurre specifiche misure per proteggerli, inclusa la realizzazione di aree non coperte dalle reti wireless». Per questo l’A.i.e. sta provando a replicare l’esempio di Green Bank, cittadina americana nel West Virginia sorta per accogliere gli elettrosensibili, dove sono banditi telefoni, reti Wi-Fi, tv e radio. «Stiamo valutando dove poter creare una soluzione di questo tipo, anche perché ci arrivano tante richieste pure dall’estero» dichiara Orio, indicando nella Toscana la potenziale terra della salvezza.

di Alessio Caprodossi

20 dicembre 2015

FONTE: Vanity Fair

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