Sassuolo, lo sfogo di un papa: «Patologia ancora non riconosciuta»
SASSUOLO - «Quando la gente mi dice "ma dai, ti trovo bene", oppure "hai sempre il muso, sorridi un poco", mi rendo conto che comunicare questa malattia è pressoché impossibile. Se hai tutti gli arti al loro posto, il fatto che tu abbia costantemente dolore dappertutto, che tu alla mattina ti svegli distrutto e senza forze, che tu non riesca a fare una semplice passeggiata perché muovere gambe e braccia comporta uno sforzo inenarrabile, non viene percepito. E allora ti demoralizzi ancora di più, perché comprendi che la strada da compiere è ancora tanta». E' lo sfogo amaro dela sassolese Stefano Calamita, 49 anni, sposato, 3 figli, di Sassuolo, carrellista in un’azienda di ceramica con una invalidità del 55% per problemi cardiaci, a cui nel 2004 è stata riscontrata la fibromialgia. Una malattia a tutt’oggi orfana di farmaci specifici, non riconosciuta dal sistema sanitario nazionale e non inserita nei Lea (livelli essenziali di assistenza) seppure recepita come patologia del sistema nociricettivo (del dolore, ndr). La medicina parla di percorsi personalizzati con ausilio farmacologico (antidolorifici, miorilassanti, antidepressivi, integratori), riabilitativo, cognitivo comportamentale. Tutti non convenzionati e quindi costosi. Eppure Fabrizio è fortunato, perché a lui il reumatologo l’ha diagnosticata subito, quando molte – e questa è una delle battaglie dell’AISF Onlus (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica) – sono le testimonianze di pazienti che hanno dovuto peregrinare per strutture e specialisti, sentendosi anche dare dei "depressi", quasi che i disagi fossero manifestazioni immaginarie.
Stefano, come si vive?
«Male, perché a poco a poco si rinuncia a fare cose, ci si isola. Le relazioni con gli altri diventano difficili, si ha l’impressione di doversi giustificare per ciò che non si riesce più a fare. E parlo di cose normali, come uscire, andare al parco con tuo figlio e dare due calci al pallone, come fanno tutti i papà».
Il fatto che non sia riconosciuta, cosa comporta?
«Le spese sono a carico di chi ne è affetto. Io, per la sola fibromialgia, spendo oltre 2mila euro l’anno. Per le difficoltà economiche per un certo periodo ho smesso di curarmi. In tutto ciò, si ha la consapevolezza che al massimo si prova sollievo per brevi periodi. Dopo 12 anni non vedo spiragli».
In cosa spera?
«Spero che la Regione Emilia Romagna, come sembra, si muova con azioni concrete. Confido nella scienza, spero si faccia ricerca. E anche informazione, perché siamo reputati malati di serie B, solo perché ‘fuori’ non si vede. E invece bisogna parlarne altrimenti rimaniamo soli».
Due milioni di casi in Italia
SONO due milioni gli italiani che ne soffrono, principalmente donne, dai 35 anni in su, ma non mancano gli uomini. Dolori muscolari diffusi, difficoltà a compiere movimenti ordinari, a prendere sonno, stanchezza costante. L’esito è spesso la depressione, un tempo ritenuta l’esclusivo movente. Esistono due tipi di fibromialgia: quella primitiva, isolata, in cui è il problema e quella secondaria, in cui si sovrappone ad altre malattie reumatologiche, dal lupus alla connetivite. A dicembre, il consigliere regionale Pd, Paolo Calvano ha presentato un’interrogazione sollecitando la Regione ad attivarsi e l'assessore alla sanità Venturi, ha assicurato impegno e risultati.
di Camilla Ghedini
15 febbraio 2016
FONTE: Il Resto del Carlino
Io ho la fibromialgia e con la cannabis riesco ad avere una vita più decente, perché leggendo mi ci ritrovo in pieno.. Il problema è che i medici non ti credono e ti considerano pazza... Che tristezza
RispondiEliminaSì, è proprio una tristezza immensa che ci siano ancora tanti medici che non credono alla fibromialgia. Tu comunque continua a cercare, esistono anche degli specialisti che credono nella fibromialgia e aiutano i loro pazienti. Non ti arrendere. Un carissimo abbraccio :)
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