MARINELLA OBERTI Affetta da Sensibilità Chimica Multipla, è costretta a vivere con il marito in una automobile
«Il 19 gennaio saranno quindici mesi. In questo lasso di tempo nessuno ha mosso un dito. Me l'aspettavo, ma non smetto di lottare».
«L'abitazione adeguata io l'ho trovata, sto raccogliendo i fondi per acquistarla. Se mi scappa questa chance, scappa anche la mia vita».
«Se avessi avuto una vita normale mi sarebbe piaciuto diventare medico. Penso che avrei avuto la lungimiranza di riconoscere la sindrome rara da cui sono affetta. La sindrome che mi porterà alla morte, se le istituzioni non si danno una svegliata».
La cinquantottenne Marinella Oberti, affetta da Sensibilità Chimica Multipla, inframezza il suo discorso con pause durante le quali la sento riprendere faticosamente fiato. Mi raccoglie la storia della sua vita nello spazio di una telefonata, perché incontrarsi di persona, per lei, sarebbe stato rischioso. Il mondo che esiste al di fuori dell’auto in cui è reclusa da oltre un anno rappresenta infatti un labirinto di minacce e insidie per il suo organismo, che è da sempre intollerante alla minima traccia di agenti chimici.
«Il 19 gennaio saranno quindici mesi che io e mio marito viviamo in automobile. In questo lasso di tempo nessuno ha fatto nulla, nessuno ha mosso un dito. È un risultato che mi aspettavo, ma non per questo smetterò di lottare. Perché io, da questa battaglia, uscirò vincente».
Il calendario segnava infatti la data 19 ottobre 2016 quando il procedimento di sfratto giunto a causa dell’interruzione del contributo da parte del Comune di Bergamo divenne esecutivo e Marinella fu costretta a lasciare il piccolo appartamento di Città Alta in cui viveva, in condizioni peraltro già insostenibili. «In questi quindici mesi gli assistenti sociali mi hanno proposto numerose abitazioni di ripiego, fingendo per l’ennesima volta di non capire le esigenze che la mia malattia impone. Mi hanno offerto abitazioni dotate di una semplice scala esterna che, a detta loro, avrebbe dovuto risolvere ogni problema. Io di una scala esterna non me ne faccio nulla. Quello che mi serve è una casa lontana da altre realtà. L’abitazione adeguata io l’ho trovata, ma ora sto raccogliendo i fondi per poterla acquistare. Se mi scappa questa chance, scappa anche la mia vita. Vivere in macchina peggiora ogni giorno il mio stato di salute, e passare tutta la giornata sul sedile mi rende difficile camminare normalmente. Ho bisogno di aiuto per poter riprendere in mano le fila della mia vita, tra quattro mura domestiche adeguate alle mie condizioni». Un grido di aiuto che la scorsa settimana Marinella ha recapitato tramite lettera alle istituzioni, tra cui non ha scordato di inserire il sindaco Giorgio Gori, il Presidente della Lombardia Roberto Maroni e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nel testo, la Oberti afferma di rivolgersi a «quella parte della politica che crede ancora che il cittadino non sia un semplice numero, ma un essere umano che abbia il diritto a essere curato secondo le modalità che la patologia stessa richiede; mi rivolgo a quella parte di cittadinanza che crede nella solidarietà e nel sostegno del prossimo; mi rivolgo ai giornalisti chiedendo la pubblicazione di questo mio scritto che rappresenta oggi più che mai un grido di disperazione e di aiuto».
La casa su misura per la malattia rara di Marinella si trova su una valle bergamasca e costa circa 130 mila euro, oltre ai quali vanno considerati altri 50 mila euro, necessari ad adeguarla alle sue condizioni di salute. Sulla pagina che gestisce, grazie all'aiuto degli amici che le restano accanto, www.marinellaoberti.it, lancia un appello alla solidarietà in cui chiede a chiunque di donare un piccolo contributo tramite bonifico bancario (Bcc della bergamasca e Orobica, sezione di Stezzano (Bg), Iban IT46T0894053570000010003833).
«Per il momento non ho raccolto moltissimo, ma spero che le cose si smuovano da qui a breve, perchè la mia situazione sta diventando insostenibile. Mi sento abbandonata dal Comune di Bergamo, che mi ha piantata in mezzo a una strada. Mi sento privata del rispetto che si deve a un essere umano, per di più malato. Stanno calpestando i diritti della persona, fingendo di non conoscere l'articolo 32 della Costituzione, in cui vengono garantite cure gratuite agli indigenti».
Eppure, la Corte d'Appello di Brescia, nel 2011 le ha riconosciuto la Sensibilità Chimica Multipla come malattia fisica (e non psicologica, come era stata inizialmente etichettata dall'Asl), mentre nel 2012 il Consiglio di Stato sancì il suo diritto alle cure. Ma a lei non resta che continuare a sopravvivere con i 280 euro che le spettano in quanto invalida, e a trascorrere il suo tempo in auto, aspettando che le lancette completino un nuovo giro per scoprire se riuscirà ad assistere al nuovo domani: «Chi crede che questa malattia sia psichiatrica deve sapere che ci sono nata. Da piccola vomitavo in continuazione, ma all'epoca si credeva che fossi semplicemente intollerante al lattosio, e dissero a mia madre di sostituire il latte con il tè». La malattia si è manifestata in modo irreversibile quando, appena quindicenne, ha cominciato a lavorare in una camiceria dove entrava spesso in contato con sostanze chimiche. «La diagnosi corretta mi è stata fatta solo trentun anni dopo. Per me all'inizio era fantascienza, non potevo crederci. A mie spese invece ho capito che era tutto vero. Non posso sostenere il peso di questo incubo da sola, serve che le istituzioni si sveglino. Devono anche rendersi conto che se io morissi, la mia battaglia non sarebbe conclusa. I miei cari sanno che se non dovessi farcela, dovranno portare avanti la mia causa, per far sì che nessun altro debba passare quello che ho passato io».
Di Linda Caglioni
19 gennaio 2018
FONTE: BergamoPost
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