Tornare a occupare la propria posizione lavorativa dopo un trauma, un
 incidente che lascia strascichi sul corpo o sulla mente, è per alcuni 
la realizzazione di un sogno. Quasi quell’evento rappresentasse una 
cesura tra il passato e il futuro che appare, soprattutto nelle prime 
fasi della riabilitazione, oscuro e inesistente. Eppure qualcuno riesce a
 coronare questa aspirazione. Come è accaduto il 28 aprile 2013 a 
Gianluca Toniolo, 56enne pisano autore del libro autobiografico Una vita in un attimo (http://www.pacinieditore.it/?p=13040):
 «Dopo 3 anni dall’incidente stradale (avvenuto a giugno del 2010, 
n.d.r) sono tornato in sala operatoria», racconta, «non per subire un 
altro intervento ma per eseguirne uno. Sono un chirurgo coloproctologo 
ed endoscopista presso l’Azienda ospedaliero universitaria di Pisa e opero da una sedia a rotelle».
Gianluca, con caparbietà, è riuscito in 
qualcosa che purtroppo per altri è stato impossibile, tornare al suo 
lavoro. Troppo volte sottovalutato, il reinserimento lavorativo ha un 
grande effetto riabilitativo: spinge a tentare nuove vie e nuove 
soluzioni, fa sentire indipendenti, fa riacquistare quella posizione 
nella società che spesso si pensa perduta. «Dietro quella scrivania in 
ambulatorio, in sala endoscopica o in sala operatoria, come per magia, 
mi dimentico dei miei problemi. Quando, con il camice bianco, percorro i
 lunghi corridoi o passo tra i letti dei pazienti mi dimentico delle mie
 ruote, anche se ancora ogni tanto – come diceva Gaber – di nascosto, 
vorrei vedere l’effetto che fa», prosegue Toniolo. «Ma forse la risposta
 me la sono già data: mi sono accorto “stranamente” che questa 
condizione  porta con se un’“aumentata sensibilità” e avvicina il 
paziente creando una sintonia speciale».
«Il passaggio da paziente a nuovamente medico mi è costato tanta 
fatica: dovevo recuperare l’autostima e la sicurezza indispensabili per 
essere io nuovamente di aiuto agli altri… Forse ancora più di prima 
sento vicine la sofferenza e il dolore perché ora fanno parte anche 
della mia vita e senza inutili protagonismi cerco di avvicinarmi al 
malato in punta di piedi (o di ruote…)», confessa il chirurgo. Un lungo 
percorso non certo privo di ostacoli. In primis quelli psicologici: 
«risalire dal fondo delle mie paure, dalla consapevolezza di limiti 
fisici evidenti non è stato facile».
Una bella storia in cui colleghi e l’azienda sanitaria si sono 
battuti a fianco del medico per fargli recuperare la sua professione sia
 abbattendo gli impedimenti burocratici-amministrativi sia acquistando una sedia particolare che consente al medico all’occorrenza di 
operare da in piedi. Un bell’esempio di come la persona con disabilità 
non sia considerata un vuoto a perdere, ma una risorsa da reinserire in 
organico. Una bella speranza in un momento in cui il lavoro è, sì, una 
chimera per tutti, ma lo è ancora di più per le persone con disabilità 
che secondo il rapporto Anmil
 presentato nel 2012 sono i più penalizzati nell’inserimento lavorativo:
 gli uomini disabili occupati sono solo il 29%, mentre le donne non 
superano l’11%.
di Simone Fanti
8 maggio 2013
FONTE: invisibili.corriere,it
http://invisibili.corriere.it/2013/05/08/io-chirurgo-torno-ad-operare-in-sedia-a-rotelle/
Una storia bellissima, che ci insegna una volta di più quelle che sono le possibilità delle persone con disabilità, in tutto e per tutto simili a quelle delle persone "normalmente" abili (e forse, aggiungo io, con un tocco di "sensibilità" in più), se messe nelle condizioni di poter lavorare come loro. Ed è bello vedere come i colleghi di lavoro di Gianluca nonchè la sua Azienda sanitaria, si sono battuti al suo fianco per fargli riavere il lavoro, con assoluta e totale fiducia nelle sue capacità di recupero. Un plauso va dato quindi anche a loro, per la loro amicizia, vicinanza e fiducia mai venute meno nei confronti dell'amico e collega disabile.
Marco
di Simone Fanti
8 maggio 2013
FONTE: invisibili.corriere,it
http://invisibili.corriere.it/2013/05/08/io-chirurgo-torno-ad-operare-in-sedia-a-rotelle/
Una storia bellissima, che ci insegna una volta di più quelle che sono le possibilità delle persone con disabilità, in tutto e per tutto simili a quelle delle persone "normalmente" abili (e forse, aggiungo io, con un tocco di "sensibilità" in più), se messe nelle condizioni di poter lavorare come loro. Ed è bello vedere come i colleghi di lavoro di Gianluca nonchè la sua Azienda sanitaria, si sono battuti al suo fianco per fargli riavere il lavoro, con assoluta e totale fiducia nelle sue capacità di recupero. Un plauso va dato quindi anche a loro, per la loro amicizia, vicinanza e fiducia mai venute meno nei confronti dell'amico e collega disabile.
Marco

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