Chiara Coltri, 24 anni, universitaria, è la capitana della Nazionale azzurra. È rimasta paralizzata a seguito di un incidente stradale, lo sport l'ha salvata. Sorriso contagioso, sguardo furbetto, tantissima voglia di vivere che la spinge a mettersi sempre in gioco. Chiara Coltri è così. E' l'unica ragazza nella squadra di basket in carrozzina del Cus Padova, ma è anche la capitana della nazionale femminile e la prima donna in Italia ad aver preso il brevetto di pilota di volo.
«Se vogliamo dirla tutta ho anche il brevetto e il porto d'armi del tiro a segno», aggiunge questa ventiquattrenne studentessa di scienze politiche che è nata a Caprino Veronese ma che da anni vive a Padova in un appartamento senza barriere architettoniche, assieme al fidanzato Filippo.
Oggi racconta con naturalezza dell'incidente che le cambiò la vita. Era il 31 ottobre 2003, la sera di Halloween. «Avevo quindici anni quando capitò. Ero stata a una festa con alcuni amici e avevamo noleggiato una videocassetta. Al ritorno pioveva. Sull'auto, una Renault Clio, stavamo in quattro. Quando siamo finiti fuori strada, rotolando giù da una scarpata, il ragazzo che guidava non si è fatto nulla, solo io ho subito conseguenze pesanti, perdendo l'uso delle gambe. Ho dei ricordi molto confusi di quel giorno. Per tirarci fuori chiamarono i vigili del fuoco e ho qualche flash mentre sono in ambulanza».
All'ospedale capirono subito: sesta vertebra dorsale. Seguirono l'intervento chirurgico e sei mesi di riabilitazione. «E ho dovuto tirare fuori tutto il coraggio che avevo dentro per reagire. Finito il liceo, ho preso la patente e mi sono iscritta all'università. Lì ho conosciuto Marco Zanin, un ragazzo che giocava al Cus e che mi ha proposto di andare in palestra. Non avevo mai fatto sport prima, ma il basket mi è piaciuto subito. E' un'attività che ti richiede molto impegno a livello fisico ma che ti dà anche benefici enormi. E poi ti permette di creare nuove amicizie e vedere che mentre cresci tu, cresce anche il gruppo che hai intorno. E' un'esperienza che non avrei mai pensato di fare, prima. Così come non avrei mai pensato al brevetto di pilota e invece tutto è nato quasi per caso, l'anno scorso, quando ho conosciuto un amico che vola con gli ultraleggeri a motore: è stato lui a dirmi che a Caposile organizzavano un corso per disabili, con tutti i comandi sulla cloche. Ho fatto tre mesi di lezione, ero l'unica ragazza, e non ti dico l'emozione la prima volta in cui ho volato da sola. Ma ai miei l'ho raccontato dopo, perché non rischiassero un coccolone. Adesso vado nelle scuole e ai ragazzi dico di verificare sempre chi guida. Io non lo conoscevo bene. E poi parlo dell'importanza di essere autosufficienti ma anche della necessità di non rintanarsi, di non avere paura del mondo».
«Se vogliamo dirla tutta ho anche il brevetto e il porto d'armi del tiro a segno», aggiunge questa ventiquattrenne studentessa di scienze politiche che è nata a Caprino Veronese ma che da anni vive a Padova in un appartamento senza barriere architettoniche, assieme al fidanzato Filippo.
Oggi racconta con naturalezza dell'incidente che le cambiò la vita. Era il 31 ottobre 2003, la sera di Halloween. «Avevo quindici anni quando capitò. Ero stata a una festa con alcuni amici e avevamo noleggiato una videocassetta. Al ritorno pioveva. Sull'auto, una Renault Clio, stavamo in quattro. Quando siamo finiti fuori strada, rotolando giù da una scarpata, il ragazzo che guidava non si è fatto nulla, solo io ho subito conseguenze pesanti, perdendo l'uso delle gambe. Ho dei ricordi molto confusi di quel giorno. Per tirarci fuori chiamarono i vigili del fuoco e ho qualche flash mentre sono in ambulanza».
All'ospedale capirono subito: sesta vertebra dorsale. Seguirono l'intervento chirurgico e sei mesi di riabilitazione. «E ho dovuto tirare fuori tutto il coraggio che avevo dentro per reagire. Finito il liceo, ho preso la patente e mi sono iscritta all'università. Lì ho conosciuto Marco Zanin, un ragazzo che giocava al Cus e che mi ha proposto di andare in palestra. Non avevo mai fatto sport prima, ma il basket mi è piaciuto subito. E' un'attività che ti richiede molto impegno a livello fisico ma che ti dà anche benefici enormi. E poi ti permette di creare nuove amicizie e vedere che mentre cresci tu, cresce anche il gruppo che hai intorno. E' un'esperienza che non avrei mai pensato di fare, prima. Così come non avrei mai pensato al brevetto di pilota e invece tutto è nato quasi per caso, l'anno scorso, quando ho conosciuto un amico che vola con gli ultraleggeri a motore: è stato lui a dirmi che a Caposile organizzavano un corso per disabili, con tutti i comandi sulla cloche. Ho fatto tre mesi di lezione, ero l'unica ragazza, e non ti dico l'emozione la prima volta in cui ho volato da sola. Ma ai miei l'ho raccontato dopo, perché non rischiassero un coccolone. Adesso vado nelle scuole e ai ragazzi dico di verificare sempre chi guida. Io non lo conoscevo bene. E poi parlo dell'importanza di essere autosufficienti ma anche della necessità di non rintanarsi, di non avere paura del mondo».
di Diego Zilio
Aprile 2012 (ultima modifica 13 settembre 2012)
FONTE: disabiliabili.net
http://www.disabiliabili.net/sport/268-discipline/31730-brevetto-di-volo-e-basket-la-mia-vita-in-carrozzina?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+disabiliabili+%28disabiliabili.net%29
Aprile 2012 (ultima modifica 13 settembre 2012)
FONTE: disabiliabili.net
http://www.disabiliabili.net/sport/268-discipline/31730-brevetto-di-volo-e-basket-la-mia-vita-in-carrozzina?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+disabiliabili+%28disabiliabili.net%29
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