sabato 18 febbraio 2012

Matteo , il disabile che studia da telecronista

Affetto da amiotrofia spinale fin dalla nascita, fa il commentatore sportivo su Telelombardia

MILANO - Vive a Appiano Gentile, a due passi dalla Pinetina dove si allena l'Inter, ma la sua fede calcistica è bianconera. Occhiali con la montatura nera, piercing alle orecchie e tatuaggi, Matteo Caronni ha 24 anni e un lavoro che molti tifosi pagherebbero per fare: il conduttore e commentatore sportivo di Telelombardia. Ma la sua presenza in video è anche una piccola rivoluzione: Matteo è l'unico conduttore disabile della tv italiana. Ci sono altri professionisti o ex atleti che collaborano con delle trasmissioni in veste di commentatori, ma si tratta di presenze sporadiche. Matteo, invece, da quasi due anni conduce tre trasmissioni e partecipa ad altre come esperto. A volerlo in diretta è stato il direttore di Telelombardia, Fabio Ravezzani, che lo ha assunto dopo un periodo di stage.

AMIOTROFIA - Matteo, che sta facendo il percorso per diventare giornalista professionista, soffre dalla nascita di amiotrofia spinale (SMA), una patologia genetica ereditaria, che comporta un gravissimo deficit della forza muscolare. Se anche la muscolatura respiratoria è compromessa, come nella forma più grave (detta SMA I ndr), la prognosi è infausta e la morte arriva, di solito, entro il primo anno di età. La forma di cui soffre Matteo, invece, seppur invalidante, è più lieve. «Ogni paziente fa storia a sé» spiega il conduttore. Gli sport di cui parla in tv, manco a dirlo, non ha mai potuto praticarli. Ogni mattina è sua madre a accompagnarlo al lavoro, dato che non può guidare. In redazione, invece, dove non ci sono barriere architettoniche, si muove agevolmente con la sua sedia a rotelle. I movimenti delle braccia e delle mani sono molto limitati, ma Matteo riesce a usare il mouse e altri supporti per rispondere ai tifosi nel suo blog di «Qui Studio a Voi Stadio». Per condurre, invece, i movimenti non occorrono. Ci vogliono flemma, preparazione, parlantina e un pizzico di ironia. «Per arrivare qui ho fatto come tutti i laureati quando escono dalle università. – sintetizza Matteo – Ho studiato scienze della comunicazione all'Università Bicocca di Milano e poi ho mandato curriculum dappertutto. Ho fatto un colloquio a Mediaset ma non mi hanno preso. Poi nel 2009 Fabio (Ravezzani, direttore di Telelombardia ndr) mi ha preso per uno stage e dopo due mesi mi ha proposto di condurre “Io Tubo”, trasmissione ideata da lui e in cui io e Valentina Protasoni mostriamo i video più curiosi caricati in rete o mandati dai telespettatori».

IN VIDEO - L'eventualità di finire davanti alla telecamera all'inizio lo ha spiazzato. «Non mi aspettavo né che me lo avrebbero chiesto, né che avrei avuto la forza di farlo – spiega il conduttore – Poi però ho capito che sarebbe stato un peccato limitarmi da solo, insomma aggiungere dei limiti a quelli che già ho. E così ho accettato». Nei tempi vuoti dà una mano alla regia durante il Tg, oppure prepara le grafiche. «La giornata comincia con la rassegna stampa e la lettura delle agenzie. Poi mi attacco al telefono. Insieme al collega Fabio Manfrida seguo la Juventus. Di solito finisco alle 20 oppure più tardi» spiega il giornalista. Ad aspettarlo fuori dalla redazione c'è sempre sua mamma Aliana. «E' lei che mi ha sempre sostenuto, sia negli studi che adesso. E lei è stata la prima a accorgersi della mia malattia». Alla nascita sembrava tutto a posto, ma poi all'età di un anno Matteo non andava a gattoni, né tentava di camminare. «È solo un po' pigro» la tranquillizzavano i pediatri. Purtroppo, invece, i suoi timori erano fondati. «Oggi non devo sottopormi a cure particolari. Faccio solo fisioterapia. So che in futuro forse alcuni movimenti non riuscirò più a farli, ma questo può accadere fra un anno o fra venti o mai. Quindi pensarci ora non avrebbe senso» sottolinea il conduttore. Nel blog capita che gli scrivano i genitori di ragazzi disabili, raccontandogli le loro storie e invitandolo a proseguire nella sua carriera. «Mi fa molto piacere, anche se non mi sento un portabandiera dei diritti di noi disabili, né una persona in grado di dare consigli, se non quello di non autolimitarsi. Certo, spero che la mia storia possa aprire delle porte anche a altri. Per il resto sono un ragazzo come tutti gli altri». Che s'imbarazza quando viene riconosciuto per strada e che giura di non aver cambiato look da quando fa il conduttore: «No, non mi faccio le lampade – scherza - Il piercing all'orecchio risale alle elementari e anche il tatuaggio l'ho fatto con un amico». I riflettori erano lontani.

Giovanna Maria Fagnani

31 marzo 2011 (ultima modifica: 13 aprile 2011)

FONTE: corriere.it
http://www.corriere.it/salute/disabilita/11_marzo_31/matteo-caronni-conduttore-disabile-telelombardia_382364f8-5b82-11e0-84a3-c33181ebdcc4.shtml


Una bellissima storia che dimostra come chi è colpito da disabilità possa fare mestieri che di solito vengono considerati solo per normodotati.
I miei più sinceri complimenti a Matteo Caronni, che non si è fatto "autolimitare" dalla sua malattia e con impegno e determinazione è riuscito a fare quello che desiderava, e cioè il telecronista sportivo, e a Telelombardia che si è dimostrata aperta mentalmente e senza alcun pregiudizio nei confronti dei disabili, valutando Matteo solo per la sua bravura e dandogli quindi il posto che gli spettava per le sue capacità.
E come Matteo stesso si augura, speriamo che la sua storia possa essere di esempio e servire ad aprire la porta anche ad altri malati e disabili, che ancora troppo spesso vengono limitati e discriminati nella nostra società.

Marco

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